FIBROMIALGIA
Molto recentemente, il significato dei tender point è stato ridimensionato e il concetto di Fibromialgia come entità clinica autonoma è stato rielaborato: la sindrome è ora considerata espressione di una condizione di dolore cronico diffuso nell’ambito delle sindromi da sensibilizzazione centrale.
Alla base vi sono processi di sensibilizzazione neuronale, i quali inducono alterazioni della percezione del dolore caratterizzate da diminuzione della soglia di tolleranza.
L’interazione di fattori neurofisiologici, alterazioni neuroimmunologiche e neuroendocrine con genesi di fattori traumatici precoci e fattori psicosociali individuali comporta dunque l’insorgenza di una sintomatologia dolorosa, spesso diffusa, associata in varia misura a profusa stanchezza, disturbi del sonno, disturbi cognitivi, disturbi gastrointestinali, disturbi di somatizzazione ansia e depressione.
Non esiste un’unica terapia per il paziente fibromialgico, ma un approccio terapeutico multidisciplinare, in cui vengono variamente integrate terapie farmacologiche e non farmacologiche riabilitativo e psicoterapeutico.
Il fibromialgico è un paziente spesso “non riconosciuto”, se trova una diagnosi, la “sua” diagnosi, accade dopo vari invii e spostamenti di natura medica e paramedica.
A scanso di equivoci va detto che il dolore della Fibromialgia non è di natura psicosomatica; non è raro infatti confondere le origini della sofferenza data la complessità degli intrecci fattoriali.
L’iperattività del Sistema Nervoso Centrale fa sì che di fronte ad uno stimolo nocivo protratto, si verifichi una cascata di modificazioni biologiche che sfocia in una sensibilizzazione degli elementi nervosi coinvolti nella elaborazione delle informazioni.
Da qui si arriva addirittura da una modificazione fisica del sistema nervoso (neuroplasticità) che parte dal nocicettore periferico, al midollo spinale fino alla corteccia. A questo punto si crea una modalità alterata nella elaborazione dello stimolo periferico, per cui si crea quella che viene definita “anomala processazione del dolore” che si manifesta in due modi: sotto forma di iperalgesia, cioè una aumentata risposta a uno stimolo che già di per sé è doloroso o allodinia, ovvero una risposta dolorosa ad uno stimolo che normalmente non è doloroso.
La complessità della malattia, implica una moltitudine di sintomi e vissuti psicologici correlati, che inevitabilmente conducono la persona ad un difficile processo di adattamento alla vita.
In particolare la solitudine, la scarsa solidarietà, l’indifferenza, il progressivo isolamento, il bisogno di comprensione, il bisogno di essere ascoltati, la delusione di non essere mai adeguatamente compresi, la paura di non farcela, il timore di essere abbandonati, la sensazione di non essere sopportati sono denominatori comuni dei pazienti con Fibromialgia.
Per questi pazienti, la cui capacità di sopportazione è messa duramente alla prova, il fatto di non essere creduti e di non ricevere la solidarietà che reclamano amplifica in modo insopportabile la già drammatica sofferenza causata dalla malattia. Alcuni di questi pazienti, specie quelli con Fibromialgia primaria, sono considerati come dei veri e propri malati immaginari. Mariti, mogli, figli, amici e colleghi di lavoro non vedono la malattia, spesso nascosta da una esteriorità non intaccata. Ed è proprio l’esteriorità che spesso mette in trappola il paziente: apparire “sani e normali” alimenta ancor di più le perplessità e le incomprensioni da parte del mondo che circonda.
I problemi del paziente divengono così “invisibili” tanto da sentirsi giudicato, petulante o peggio “malato immaginario”.
Appare chiaro che nel vissuto di malattia rivestono un peso dominante quattro condizioni che sono risultate tanto comuni quanto dominanti in tutti i pazienti:
- dolore
- incomprensione
- solitudine
- indifferenza
Alcuni studi recenti, hanno dimostrato che uno degli elementi eziologici più frequenti nella storia dei pazienti riguarda il vissuto infantile di natura stressante/traumatica. Il trauma infantile crea un senso permanente di incertezza e imprevedibilità che ha compromesso la capacità di sviluppare e utilizzare strategie di gestione dello stress salutari. Quindi ad ogni nuovo stress il sistema neuroendocrino si indebolisce e inizia a funzionare in modo anomalo.
Per questo lo psicoterapeuta necessita di una adeguata preparazione non solo in termini cognitivo-comportamentali, ma anche psico-corporei, con protocolli e modalità utili per imparare a desensibilizzare il dolore e a ri-conoscere i frammenti di ciò che ha portato questa condizione di vita.